Modalità di iscrizione
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Costi
Costo dell’intero ciclo di workshop (a numero chiuso)
accertarsi prima del versamento se c’è disponibilità telefonando 0586 892571
€ 160,00 (entro il 31 dicembre 2018)
DOPO il 1 Gennaio 2019 € 200,00
Workshop singolo: € 60,00
Lo psicologo zurighese Carl Gustav Jung ha dato un’impronta molto personale e originale alla psicoanalisi intesa non solo come metodo di cura, ma anche quale percorso di esplorazione della propria personalità per la possibilità che dà all’individuo, anche se afflitto da sofferenza e da disturbi psichici, di conoscere se stesso, comprendere gli aspetti più profondi dell’accadere psichico e giungere, attraverso l’attivazione di piani simbolici, ad una trasformazione e al recupero dell’equilibrio psicofisico e del benessere.
Jung ha evidenziato come, uno dei benefici più rilevanti per l’esplorazione dell’inconscio verso il recupero della salute, sia costituito dalla creatività espressa nelle sue molteplici forme: i sogni, il disegno, la pittura, scultura, ect. e il gioco della sabbia. Esso è una metodica inizialmente applicata al solo lavoro terapeutico per l’infanzia. Nasce intorno agli anni 1950 a Zurigo, grazie al lavoro di Dora Maria Kalff, allieva di Carl Gustav Jung e di Emma Jung, la quale osserva come le madri dei bambini che si recano da lei in terapia si intrattengano, nell’attesa, a rappresentare su vassoi di sabbia, messi a disposizione, i propri mondi psichici. Sarà in seguito allo studio delle rappresentazioni lasciate su questi vassoi che Dora M. Kalff sente e studia la potenzialità curativa della metodica della Sandplay Therapy anche per la cura degli adulti. Nella stanza del gioco della sabbia, con il terapeuta e gli oggetti disposti sugli scaffali, il giocare diventa terapia.
Nel 1966, solo su insistenza dei suoi allievi, Dora M. Kalff scriverà il suo primo ed unico volume: Sandspiel, Standsfield, Zürich, edito, tradotto in italiano nel 1974, da Giusti O.S. di Firenze, nel 1974.
La sabbia è un elemento antico, arcaico che proviene dallo sgretolamento di rocce/pietre. Dora M. Kalff da sempre l’ha considerata materiale naturale “possibile” alla cura. È costituita da minuscoli granelli che le conferiscono, con la plasticità, una globale morbidezza e consistenza. È materia solida ma possiede caratteristiche di liquido, assume la forma del contenitore in cui è posta: se si stringe in mano fluisce e di essa non restano che pochi granelli. Manipolandola si scalda con facilità. È plasmabile, tanto che, usandola con l’acqua può assumere forme diverse e bizzarre manifestando emozioni, sensazioni, sentimenti e dando vita a simbolici personaggi, sculture, ect.
La metodica della Sandplay Therapy approda in Italia senza successo. Giunge in Inghilterra, in America, in Giappone dove è valutata e molto apprezzata. Torna in Italia attorno al 1965 dove finalmente viene riconosciuta la sua valenza terapeutica e si diffonde nella prassi analitica junghiana come pure in altri approcci coprendo vaste aree della pratica contenitiva e psicoterapeutica quale metodica psicoanalitica nella cura, anche di manifestazioni psicosomatiche, sia per i bambini che per gli adulti, come pure nella diade madre/bambino.
Manipolazione e creatività sono gli strumenti alla base della Sandplay Therapy per compiere un viaggio dentro se stessi e ‘mettere in scena’ immagini di sogni, avvenimenti, vissuti e dando forma/voce alle emozioni dolorose, rimaste nelle pieghe dell’anima, inesprimibili a parole e non disponibili nella memoria cosciente.
Già nella prima seduta il paziente è invitato a creare una libera rappresentazione selezionando gli oggetti fra i più disparati che rappresentano le “cose del mondo” (animali, soldatini, bamboline, oggetti di tutti i tipi e di piccole dimensioni allineati in una moltitudine colorata) che trova su scaffali disponendoli a piacimento nella sabbiera (cassetta-rettagolare di colore blu, riempita di sabbia, di dimensioni tali per cui il tutto resta incluso nel campo visivo del paziente).
L’alchimia della trasformazione psichica opera, in questo contesto, attraverso il “vivere” le immagini create, la contemplazione dello scenario e soprattutto la mancanza di interpretazione del terapeuta che, se agita, potrebbe risultare intrusiva e provocare la caduta di spontaneità (ottenuta con il lavoro analitico) all’incontro degli opposti, con la formazione del simbolo e la liberazione di energia evolutiva nel paziente. “La terapia con la sabbia ci offre l’opportunità di proiettare all’esterno ciò che accade internamente ed in tal modo mette in scena non soltanto dinamiche endopsichiche fra conscio e inconscio ma anche tra mondo interno e realtà esterna, fra l’astratto e il concreto“ (M. Mengheri, 1991).
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